Un nuovo fiore nel giardino di Annalena

Trascriviamo un articolo presente nell’ultimo numero del giornalino del Comitato per la lotta contro la fame nel mondo.

“Spunterà un giorno un fiore dal seme gettato e fecondato dal concime-Annalena? Ne sono certa, anche se io certamente non potrò assistere alla fioritura, perché quello è un tipo di seme e il mio un tipo di concime che funzionano solo a lunghissima scadenza e richiedono un’attesa «sonnolenta» di generazioni, ma che importa? Quel fiore un giorno sorriderà al mondo e rallegrerà tanti con la sua bellezza e la sua freschezza. Su questo non ho dubbi. Anche per questo, credo, io sono sempre nella gioia e nella pienezza serena dell’attesa.”
Annalena Tonelli, 26 ottobre 1969


Era stata profetica Annalena in quel suo primo anno d’Africa. A darne concreta testimonianza è Hawa, donna somala, sorda, musulmana che qualche anno fa si è messa in contatto con me, tramite i social network, solo per esprimere il suo sentimento di gratitudine. Sono rimasto commosso dalle sue parole rivolte ad Annalena. Ho percepito il richiamo a quell’humus di cui tanto parlava lei, nel quale aiutare gli uomini a dissodare il proprio terreno per fiorire.
Hawa, come leggerete nella sua auto-presentazione, rappresenta il “miracolo dell’amore”. Per e-mail qualche giorno fa ha scritto: “ma ci pensi cosa sarebbe stato di me se non l’avessi incontrata?” E’ la stessa domanda che forse si è posto l’uomo ferito raccolto dal “buon samaritano” della parabola, ed è un grande segno di speranza per ciascuno di noi. Perché veramente, nella nostra quotidianità, possiamo ri-svegliare quel bene che non abbiamo bisogno di vedere compiuto ma che si moltiplicherà lungo le strade del mondo.
Andrea Saletti

La lettera di Hawa tradotta in italiano

Il mio nome è Hawa: sono non udente del Somaliland (ex Somalia Britannica).
Sono nata a Buroa in Somaliland e ho una sorella gemella; entrambe siamo diventate sorde all’età di 8 anni, non so perché.
I miei amici udenti a quell’età andavano tutti a scuola, io no. Ricordo la mia delusione per essere essere esclusa..io desideravo andare a scuola e non capivo perché non potessi. Afferrai un libro e una penna e corsi a scuola e diedi il libro alla maestra..lei mi disse: “Cos’è questo?”

Ma io non capivo ciò che diceva perché lei indossava il niqab(1), tutti i ragazzi mi guardavano e io mi sentii imbarazzata e persi tutta la mia fiducia. Così non riprovai più. Rimasi a casa con la mia famiglia.
Ci spostammo a lungo a causa della guerra(2). Anni dopo, avevo quasi 14 anni, mia madre sentì alla radio che una donna bianca aveva aperto una scuola per sordi a Borama. La mamma spiegò a me e a mia sorella che si poteva andare a questa scuola e imparare, ma noi rifiutammo. Io non potevo dimenticare quella volta di tanti anni prima, non volevo in alcun modo andare a scuola ed essere umiliata di nuovo. Pensai che essere sorda significasse che non potevo imparare. Tuttavia mia madre non aveva intenzione di arrendersi per un rifiuto e insistette perché andassimo per i test all’ospedale di Annalena.
Ricordo che il viaggio(3) durò parecchi giorni, dormimmo in macchina e attraversammo le montagne. Facemmo i test e confermarono che eravamo sorde. Rimanemmo a dormire all’ospedale e il giorno dopo un bel gruppo di noi, tutti sordi, furono ammessi a scuola.
Non dimenticherò mai la prima volta che entrai in classe alla scuola per sordi Annalena di Borama quando vidi l’insegnante sordo scrivere sulla lavagna. Piansi. Lacrime di gioia. Non avrei mai creduto che una persona sorda potesse scrivere. Da quel giorno in poi accettai la mia identità di sorda e imparai.
Imparai ogni cosa che chiunque desiderasse insegnarmi. Desideravo conoscere ogni cosa. Passai rapidamente dalla classe di minori capacità alla più alta.

Ricordo il primo giorno che incontrai Annalena: ci diede il benvenuto.. alle due sorelle sorde. Era la prima volta che vedevo una persona bianca, inoltre aveva un buon odore, io ero felicissima e incantata da lei. Lei ci fece sentire così speciali, non so se perché eravamo gemelle o perché avevamo lavorato duro per eccellere nel nostro lavoro.
Ricordo che, quando i suoi amici venivano a visitare la scuola, io e mia sorella venivamo sempre segnalate: ancor oggi non so sinceramente perché.
Sono debitrice ad Annalena di ogni cosa, del suo duro lavoro per creare la prima ed unica scuola per sordi di tutta la Somalia e per l’ospedale e questo ha cambiato la mia vita e la vita di molti altri. Il suo lavoro mi ha aperto il mondo, mi ha mostrato che potevo imparare, che c’era un mondo fuori del Somaliland e che non avevo intenzione di perdere nulla.
Così io sono qui, diversi anni dopo, tentando di seguire le sue orme e onorare la sua vita con la mia vita.
Sono andata in Inghilterra nel 2004, dopo la morte di Annalena nel 2003. Ho lavorato a Londra come assistente sociale di altri disabili sordi per parecchi anni fino ad ora, tornando spesso in Somaliland per aiutare la comunità dei sordi. Ho sempre sognato di aprire la mia scuola per sordi proprio come fece Annalena. Tuttavia il mio cammino è stato un po’ differente.
Appena ho cercato di aiutare la comunità del Somaliland mi sono scontrata con l’inizio perché non c’erano sono interpreti del Linguaggio Somalo dei Segni. Come potevo io comunicare con chiunque?
Perciò sono orgogliosa di dire che l’anno scorso ho creato la mia nuova Fondazione di Hawa per i sordi.
Il primo progetto è stato di creare un programma di formazione per Interpreti del Linguaggio dei Segni (LS). Ho insegnato a 60 interpreti di LS che ora stanno lavorando e aiutando la comunità dei sordi in scuole, ospedali e molti altri posti importanti. Ho pure insegnato il LS ai genitori di 130 giovani sordi. Ho pure creato il primo Club dei Sordi in Somaliland, uno spazio sicuro in cui il popolo dei sordi, specialmente i ragazzi, possono incontrarsi e ridurre il loro isolamento.
Questa sono io.
Spero di continuare il mio lavoro e seguire le orme di Annalena, per renderla lieta e per arricchire la vita dei ragazzi sordi del Somaliland e non solo.
I migliori auguri!

Hawa

Nota 1: Velo, usato dalle donne musulmane per coprire il capo e il viso, lasciando una fessura all’altezza degli occhi
Nota 2: Guerra per l’indipendenza dalla Somalia
Nota 3: Da Burao a Borama

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